“Senza scopo e senza idea"
Tra i concetti più affascinanti incontrati nel corso del “do” dello shiatsu, c’è quello di Vuoto secondo la cultura cinese e la medicina cinese.
Per un occidentale, vuoto è inscindibilmente legato all’idea di mancanza/carenza.
Vuoto opposto a pieno nella “nostra” cultura viene quindi associato ad un’immagine negativa di deficit, si stato di disagio (vuoto incolmabile) opposto al pieno/positivo.
La tradizione aristotelica con la frase “natura abhorret a vacuo” rifiuta il vuoto, sino ad affermare che se si toglie tutta la materia per creare il vuoto, immediatamente la materia si precipita a colmarlo, come quando di scava una buca profonda nella sabbia, la sabbia ricade subito per tornare a riempirla.
Si potrebbe quasi dire che per la nostra cultura Occidentale, il vuoto sia qualcosa da aborrire: il vuoto desta paura, orrore, viene detestato.
Nella maggioranza delle culture Orientali, il Vuoto è sinonimo di infinita ricchezza di possibilità, massima apertura e libertà.
Il concetto di Vuoto si ritrova nel Taonismo in Cina, come nel Buddhismo in India, ma è in Giappone grazie all'influsso del buddhismo della Scuola Zen che ha massima espansione sino ad influenzare l'intero pensiero giapponese, dalla pittura ad inchiostro (sumi) che esalta lo spazio lasciato in bianco rispetto agli spazi occupati dai segni e figure, all'architettura con arredamento ridotto al minimo ai giardini "secchi" (karesansui), in generale la liberazione della mente (mushin) è uno dei fattori fondamentali della realizzazione spirituale.
C'è una inversione di prospettiva non sono i tratti (il pieno) a riempire la pagina, ma è grazie al vuoto che si colloca tra le linee che le stesse prendono forma.
In occidente un vaso rotto, viene incollato e riunito: l’abilità del restauratore sta nel riuscire a camuffare la linea che separa i due pezzi, lo spazio interrotto.
Al contrario ad Oriente lo spazio ed il vuoto venutosi a creare tra le parti, viene esaltato con una lacca giallo rossastra ed una polvere d’oro (Kintsugi).
È il vuoto casualmente creatosi a dare nuova vita ma soprattutto una nuova, diversa ed unica forma al manufatto.
Come leggiamo nello "Spirito della cultura cinese" di Padre Larre, il Vuoto è individuato come un concetto fondamentale del pensiero cinese.
Mentre in Occidente è quasi assimilabile al nulla, in Oriente è la sede della vita; è un elemento dinamico, condizione senza la quale non si opera nessuna trasformazione.
Del resto la stessa "pienezza" intesa come realizzazione e compiutezza, non può verificarsi senza il vuoto che ne consente lo sviluppo e il dispiegarsi, permettendo agli elementi che compongono un sistema di trasformarsi e di ricomporsi in unito.
Il Vuoto quindi ha un valore funzionale.
Nell'uomo, il Vuoto, a livello fisico, permette lo scorrere e il trasformarsi dei soffi che fanno la vita; a livello psichico, la liberazione da tutte le passioni che per la medicina cinese sono causa di malattia.
Lo stato di Muschin (in giapponese) o Wuxin (in cinese) è uno stato di Vuoto nella mente, non è stato meditativo, piuttosto è mancanza di pensiero discorsivo e di giudizio, per cui la persona è completamente libera di agire svincolata da ogni interferenza proveniente dall'esterno.
La mente lavora ed è chiara, paragonata ad uno stagno in grado di riflettere in modo chiaro la luna e gli alberi.
Ma come le onde spinte dal vento possono distorcere le immagini, così i nostri pensieri possono interrompere la vera percezione della realtà.
Nelle arti marziali come nello Shiatsu, la ripetizione del Kata, della forma, permette la trasformazione dell'azione da prodotto del pensiero ad esecuzione spontanea, senza un pensiero cosciente.
Come diceva il maestro Zen Takun Soho, la mente deve essere sempre nello stato dell'acqua che scorre, non si ferma da nessuna parte, quando al contrario il flusso si interrompe questa interruzione blocca la serenità della mente.
In un combattimento uno spadaccino non deve pensare all'avversario, né a se stesso, né ai movimenti di spada del suo nemico, deve solo impugnare la spada trascurando ogni tecnica, pronto a seguire unicamente i dettami del subconscio.
L'uomo non c'è più, quando colpisce non è l'uomo ma la spada nella mano del subconscio dell'uomo che colpisce.
Anche nello Shiatsu, l'operatore si trova in uno stato di Wuxin, lascia che le mani vadano dove vengono chiamate.
Non è casualità, né improvvisazione, le mani diventano prolungamento del subconscio e si ha fluire, scambio di "energia".
Per questo lo Shiatsu è un percorso (Do), di crescita prima di tutto personale che solo poi può permettere di entrare in relazione con l'altro.
Se Tori non ha raggiunto uno stato di Wa (armonia) con tutto ciò che lo circonda, preparandosi alla pratica con mente calma, pulita da tutto ciò che crea conflitto e separazione, se non ha posto alla base della sua vita il principio del Kei (rispetto) che prima di tutto è rispetto verso sé stesso e quindi nei confronti di tutti gli altri, accogliendoli ed accettandoli senza giudizio e quindi cercando nella pratica il Sei (la purezza) cioè la limpidezza e la trasparenza, la pratica non potrà scorrere con naturalezza, l'energia compiere il suo lavoro e l'intuizione aiutare il gesto.
Tutto questo è Wuxin.
Un altro aspetto della visione Orientale del mondo e dell’uomo che colpisce e stupisce il lettore Occidentale è la sua capacità di riportare ad unità l’universo.
Uomo, animali, piante, fiume ed ogni elemento in natura, tutto è in corrispondenza e in relazione, tutto è omologabile e rappresentabile.
Per comprendere e conoscere l’uomo non è necessaria una sezione dell’uomo, lo sviluppo dell’uomo ed il suo equilibrio seguono le stesse leggi dell’universo e obbediscono alle regole che governano il movimento delle ore e delle stagioni.
La cosmologia è nello stesso tempo filosofia ed antropologia, visione della realtà e della vita da cui la medicina tradizionale cinese non prescinde.
Grazie a questo insegnamento offertoci dalla cultura cinese nel potere/saper mettere a confronto gli eventi ed i singolari aspetti/manifestazioni della vita con il tutto, è possibile guardare a quelli che appaiono come semplici grani ma che costituiscono un unico rosario da sgranare, sino a compiere correlazioni tra manifestazioni ed aspetti della vita (solo) apparentemente lontani tra di loro.
Non credo sia impresa pindarica spostare l’attenzione su di una testimonianza scritta di Musashi maestro d’armi di Hosokawa Tadayoshi, signore di Kumamoto (1584-1645) per poter confrontare il Do del guerriero sulla via dell’heido (pratica attraverso la quale si ascende all’illuminazione, intesa come espansione della conoscenza) con quello di uno shiatsuga.
Scorrendo le pagine del “Libro dei cinque anelli” del citato maestro di spada, il percorso indicato è un intenso cammino di auto perfezionamento, una guida a sviluppare in modo armonico sia l’intuizione sia la comprensione intellettuale, per una realizzazione più piena e completa della personalità.
Colpisce come, lo sguardo del guerriero delineato da Musashi debba essere rivolto ad un alto livello di percezione tutt’intorno e non su una singola manifestazione cogente.
La cosa più importante insegna il maestro d’arme è il kan (vedere l’essenza delle cose) e subito dopo il ken (osservarlo superficialmente), osservando senza venir minimamente distratto dalle sue manifestazioni esteriori sino ad avvertire quanto avviene sui fianchi, senza muovere gli occhi.
Studi scientifici dimostrano che i judoisti sviluppano la visione periferica con l’esercizio nel tempo.
Nell’azione, il guerriero che segue il Do dell’ Heido indicato da Musachi, colpisce “senza scopo e senza idea” (Munen-musho), che è il concetto buddhista della “mente vuota” che è lo stato per eccellenza in cui la mente è pienamente aperto alle informazioni dei sensi, in uno staro di totale attenzione per essere completamente nel gesto.
L’immagine perfettamente collima con quella dell’arciere cinese che colpisce il bersaglio senza aver preso la mira con l’occhio, ma che ha ripetuto mille e mille volte l’azione di mettere a fuoco il centro del bersaglio, tanto che può tirare senza guardare.
Il vincitore è colui che ha lasciato entrare in sé, nella propria mente e nel proprio cuore, una specie ci esatrta percezione delle cose e della realtà.
Inevitabile diventa il collegamento con il Vuoto “chong” che esprime una prima nozione di Vuoto.
L’ideogramma del carattere cinese “chong” mostra a sinistra un flusso espulso con violenza.
L’acqua non a caso è l’elemento essenziale per la vita e a destra si trova la parte fonetica, “zhong”, che rappresenta il bersaglio quadrato.
Zhong vuol dire centrare esattamente il bersaglio.
Questo colpire nel segno è possibile non solo perché l’azione è stata ripetuta come sopra detto, ma anche perché vi è stata giustezza del lancio.
Uno scocciare di freccia perfetto, in cui tutto si annienta, distanza, vento, forza di gravità, angolazione, rotazione…tutto è in perfetta armonia.
Per la cultura orientale l’armonia è la vita stessa.
Concetto di tutt’altro spessore rispetto alla nostra idea di armonia come semplice consonanza di voci, di strumenti che produce un’impressione piacevole all’orecchio a all’animo.
I testi cinesi dicono che l’essere è addossato allo yin e porta lo yang sul ventre.
I Soffi vengono spinti tra i due e questa è l’armonia.
La vita quindi è ciò che si svolge nel Vuoto, in questo spazio tra lo yin e lo yang.
Il Vuoto quindi non potrà mai essere privo di Soffi, ma i Soffi saranno così in armonia, in equilibrio perfetto che scompariranno.
Similmente nell’intendere Vuoto come “Xu” il cui ideogramma, rappresenta sia dei piccoli germogli che fanno risaltare l’immagine della collina spoglia.
Una sommità deserta dove naturalmente soffia il vento, tra yang del Cielo e yin della Terra c’è uno spazio in cui liberamente circolano i Soffi.
Sono Soffi regolari e leggeri, ugualmente il Vuoto si ha quando, nell’organismo e nel mondo, si trovano i Soffi più perfetti che fanno il minor rumore possibile.
Esiste un terzo modo per esprimere il Vuoto, ovvero il carattere “Kong” che rappresenta lo spazio vuoto nella volta celeste.
Graficamente è il tetto di una grotta, a livello fonetico “Kong” evoca qualcosa di svuotato, come una stanza vuota in cui non c’è più nessuno, un po’ come il palco del teatro che presto tornerà a riempirsi.
Il Vuoto è la dimora dei Soffi leggeri e sottili.
COSMOLOGIA
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Il Vuoto parimenti è alla base della Cosmogonia cinese: all’inizio c’è il Caos Primordiale, che viene osservato e definito come tai xu, Grande Vuoto, o anche come wu ji, Senza Limite o Senza Polarizzazione.
Da questa «assenza» origina la vita.
In un passo del capitolo III dello Zhuang Zi si legge “Il dao (tao) ha per origine il Vuoto. Dal Vuoto è nato il cosmo da cui emana il qi”.
La vita del cosmo origina dal Grande Vuoto, la vita sul nostro pianeta inizia nel Vuoto Mediano, che può essere inteso a livello macrocosmico come lo spazio fecondo tra Cielo e Terra e a livello microcosmico umano come il luogo della libera circolazione dei soffi vitali.
Ancora nel capitolo XI del Dao De Jing leggiamo: “Trenta raggi si congiungono a un mozzo unico: questo vuoto nel carro permette l’uso. Con una zolla d’argilla si dà forma a un vaso: questo vuoto nel vaso permette l’uso. Si dispongono porte e finestre in una stanza: questo vuoto nella stanza permette l’uso. L’avere permette il vantaggio, il non avere l’uso”.
I trenta raggi della ruota indicano i trenta giorni del mese, il mese suggerisce le stagioni e il trascorrere del tempo dell’anno, cioè la vita dell’universo ritmata dal tempo del Cielo. Alla stessa maniera il vaso di argilla delimita uno spazio che è correlato simbolicamente alla Terra.
Le porte e le finestre delimitano gli ambienti della casa abitata dall’Uomo.
La triade Cielo-Uomo-Terra viene messa a confronto con i concetti di Pieno e di Vuoto. Il Pieno, rappresentato dai raggi della ruota, dalle pareti del vaso e dagli infissi della casa, costituisce il visibile della struttura, ma il Vuoto del perno della ruota, della cavità del vaso e degli ambienti della casa rappresenta l’invisibile che permette l’uso di ogni struttura. Il Vuoto è il luogo della circolazione dei soffi vitali ed è la sede degli scambi.
Il Vuoto diventa la condizione per ogni trasformazione, per l’accadere di ogni avvenimento.
Come già sopra in parte detto, nella pittura cinese lo spazio «non dipinto» spesso prevale su quello tratteggiato, come a voler significare che è il «Vuoto» a definire il «Pieno».
La rappresentazione simbolica del Vuoto come la Vallata, come un incavo «vuoto» che genera e nutre tutti gli esseri e le cose che la abitano e non si esaurisce mai, viene affermata nel Dao De Jing al capitolo VI: “Lo spirito della Vallata vive per sempre; qui si parla della Femmina misteriosa. La Femmina misteriosa ha un’apertura da cui escono Cielo e Terra. L’impercettibile filo fila indefinitamente, vi si attinge senza mai esaurirlo”.
Da questa concezione di Vuoto ne deriva una seconda altrettanto importante: il debole vince il forte.
Nel capitolo XXXVI del Dao De Jing leggiamo anche che “Flessibile e debole trionfano su duro e forte” ed ancora nel capitolo XLIII del Dao De Jing viene affermato: “Ciò che vi è di più tenero al mondo alla lunga vince ciò che vi è di più solido. Ciò che non ha penetra ciò che non ha vuoti. Da questo apprendiamo il vantaggio del non agire. L’insegnamento senza parole, il vantaggio del non agire, pochi vi arrivano”.
L’immagine dell’acqua che lentamente scalfisce e scava la dura roccia diventa confronto naturale ed automatico.
ESPERIENZE SHIATSU
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“Ora tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu sei infinito, e dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi suonare. Loro sono 88, tu sei infinito. Questo a me piace. Questo lo si può vivere. Ma se tu, ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi di tasti, che non finiscono mai, e questa è la verità, che non finiscono mai e quella tastiera è infinita... Se quella tastiera è infinita, allora su quella tastiera non c'è musica che puoi suonare. Tu sei seduto sul seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio” Alessandro Baricco.
Ogni volta che la mia mano si poggia sul corpo di Uke per la prima volta, nel primissimo istante, quel primo contatto riassume la magia delle mani del pianista sulla tastiera del piano.
Un attimo unico ed irripetibile, Primo come dicevo.
Un corpo, un terreno sempre nuovo e diverso, perché ognuno di noi è uguale e diverso, perché io ogni volta sono diversa.
“Milioni e miliardi di tasti” scivolano sotto le mie dita, il mio palmo, il mio gomito…
Non so se il mio è uno stato di muschin, so solo che la mente si perde, vaga, la ragione lascia il posto al sentire, un ascolto senza suoni.
Parti calde, parti fredde, parti che avverto come piene, altre che mi conferiscono un senso di vuoto.
In questo 4 PP, mi sono sentita pervasa da una molteplicità di concetti, di esperienze, di approfondimenti, di tentativi di innalzare il mio livello di conoscenza che ho la sensazione di essere quel famoso vaso vuoto, che risuona.
Parole, indicazioni, semplici consigli, racconti del vissuto degli altri, iniziano a risuonare nella mia testa e in tutto il mio corpo, partendo dalle mani sino ad arrivare al più periferico dito del piede in semi samurai.
Il sentito detto dall’uno è diventato il mio patrimonio e rivissuto nella mia esperienza quotidiana.
In verità ho il dubbio che molte cose mi siano state già proposte nei percorsi precedenti come pennellate leggere, per dare l’input o forse per dare il tempo di sedimentare, la sensazione che mi resta è che qualcosa sia però esploso in me ora, con i miei tempi, con i miei ritmi.
Mi torna in mente il quesito di Shigeru Onoda Sensei al 41° Seminario Nazionale di Aggiornamento e Valutazione Apos: “se vi imbattete in una zona in stato Pieno Jitsu, in un lato e individuate una zona altrove di Vuoto Kyo quale strategia adottate? Dove e come lavorate”
Se Vuoto e Pieno, indicano una condizione degli zang-fu, del Qi, del Sangue, dello yin e dello yang, dei 5 elementi, insomma rappresentano una mancanza di equilibrio nel nostro corpo. Vuoto non significa senza contenuto, ma esprime piuttosto una mancanza, una carenza ed una debolezza della quale possono approfittare i patogeni esterni ed interni per aggredire il corpo. Vuoto è anche un soffio leggero e regolare in cui tutto è a posto e lo yin e lo yang si trovano bene.
Pieno non significa massiccio e colmo, ma esprime qualcosa che tende al troppo, un eccesso, una stasi, una iperattività ed una ostruzione. Pieno indica anche qualcosa che è giunto a maturità, di profondo, intero e sazio, l'idea di una cosa preziosa.
Nella Medicina Tradizionale Cinese si parla di Vuoto di Qi, di Xue, di Yang, di Yin, oppure di stasi di Qi, di Sangue, di aggressione di patogeni, di ostruzione e di iperattività di un organo.
Nei 5 elementi Vuoto e Pieno vanno insieme ed indicano uno squilibrio in movimento: se c'è un Vuoto c'è anche un Pieno e viceversa, il Vuoto si trasforma in Pieno ed il Pieno si trasforma in Vuoto.
Quella domanda del Sensei Onoda alla platea del Seminario, con a seguire la risposta secondo la sua esperienza, è stata posta nel “mio momento”, forse un mese prima non l’avrei vissuta tanto intensamente.
Credo fermamente che ci sia un momento giusto per tutto, un attimo prima un’esperienza è immatura e non può essere pienamente essere acquisita in tutte le sue sfumature, un istante dopo il fiore è sbocciato ed è nel pieno del suo splendore, tutta la goccia di rugiada pervade i petali che se ne dissetano.
Lavorare o trattare una zona in stato Jitsu Pieno non è semplice.
In particolare zone muscolari contratte da lungo tempo (come ad es. nella schiena dovuti ad anni di posture scorrette), con lo scorrere dei giorni diventano condizione normale di Uke.
La testa e il corpo finisce con l’abituarsi, ad assuefarsi a quella condizione sino ad escogitare tutta una serie di compensi che determinano inevitabilmente il sorgere di altre problematiche altrove!
Smuovere il Ki bloccato, tentando di sollecitare questa zona, diventa un vero atto di forza.
Uke quasi inevitabilmente lo vivrebbe al limite della violenza, manifestando disagio, scaricando la pressione del dito come farebbe un asinello che scalcia.
Essere disarcionati da un muscolo in spasmo, come sentire il dolore “gratuito” di Uke, frantuma il rapporto di fiducia costruito tra ricevente e Tori.
Se a Yin corrisponde uno Yang, se ad una bassa marea corrisponde un’alta in un altro punto del mare, così al Pieno Jitsu corrisponde un Vuoto Kyo.
Intervenire sul Kyo, giungendo anche in profondità, permettendo ad Uke di aprire una porta, facendo defluire il Ki passando per un percorso più accogliente e gradevole.
Leggendo “Strategie di Shiatsu” di Mario Vatrini, viene indicata come possibile modalità, quella di “costruire un triangolo” tra Tori, primo punto del vertice, il secondo vertice con punto Jitsu-Pieno e il terzo vertice con un punto Kyo1-Vuoto.
Poi appoggia il palmo su Kyo1 e cerca Kyo2 (nuovo).
Procede così trattando solo condizioni di Vuoto, evitando le zone Piene che sono zone ben difese.
Personalmente credo sia importante mantenere il contatto con la zona di Jitsu.
Mi rifaccio al pensiero del M° Shiazuto Masunaga: "Lo Shiatsu è come l'abbraccio della madre al suo bambino."
Una mamma non toglierebbe mai la mano dal pancino dolorante del figlio.
Credo che l’appoggio del palmo, nella zona in condizione di Jitsu sia fondamentale, trasmetta la certezza che quella zona in difficoltà è stata riconosciuta e viene in questa prima fase amata e supportata.
Come Sensei Onoda ha indicato e così Mario Vatrini, nel citato testo, intervenire con tecniche dure, Sha, positive, yang come uno stiramento su una zona calda, contratta e infiammata, equivale a contrapporre una forza ad un’altra forza.
Piuttosto una tecnica morbida, Ho, negativa, yin come un palmare si confà ad un Pieno-Jitsu, contestualmente ad una tecnica Sha in un zone di Vuoto-Kyo, in maniera tale che la combinazione di Ho-Sha possa smuovere i blocchi.
Ritornando all’immagine del pianista e ai miliardi di tasti, Artur Schnabel pianista e compositore austriaco (1882-1951) scriveva:” Non tratto le note meglio di altri pianisti. Ma le pause tra le note, ah, è lì che sta l’arte”.
Così nello Shiatsu è lì nello spazio tra quei Pieni, in quel Vuoto che si pone tutta la magia e la chiave per arrivare a aprire situazioni di blocco di Ki.